Ogni anno, con impressionante puntualità, dobbiamo fare i conti con eventi drammatici come terremoti e alluvioni.
Eventi che evidentemente come Stato non siamo in grado di affrontare con un’adeguata prevenzione.
L’improvvisazione e la leggerezza con cui, fin dall’albore della nostra Repubblica, i nostri governanti affrontano la prevenzione è forse superata solo dal come affrontano la ricostruzione.
Interessi economici enormi, appalti e subappalti, tangenti, sprechi o semplice sciatteria.
Per affrontare un evento eccezionale ci si regola con l’assenza di regole.
Forse è il caso di ripensare la ricostruzione con un altro metodo.
La solidarietà degli italiani è nota, la forza del volontariato anche, la nuova spinta dei social indubbia.
Provare a creare un sistema diverso, dove la solidarietà viene canalizzata su progetti singoli, dove persone di esperienze diverse possano dare il loro apporto, dove la rete e i social controllano la buona ed effettiva realizzazione delle opere.
Quanti ingegneri, architetti, contadini, informatici, arredatori, commercianti, studenti, pensionati sarebbero disponibili ad essere coinvolti nella ricostruzione di una casa, ad esempio?
Sono certo in tanti.
Provare credo non costi nulla.
Lo stato decida come spendere i fondi ma ci metta in condizione di controllare come saranno spesi.
Per non ritrovarci, tra vent’anni, tra i container dell’Emilia.
Proviamoci, e #ricostruiamoci.