Alcune mie considerazioni sul bel pezzo di Emmanuele Curti sulla “Cultura per una nuova cittadinanza” che vi invito a leggere.
Viviamo in un mondo che ha cambiato i processi di conoscenza e di socialità in maniera credo irreversibile. La disponibilità illimitata di nozioni e di contatti con l’intera umanità ci ha portato a pensare che la cultura sia disponibilità di oggetti, storia, racconti.
Ecco, i modelli faticano a capire che lo strumento internet sta cambiando il nostro modo di pensare che non è disponibilità ma piattaforma di pensiero e fondamenta di nuovi metodi di ragionamento.
Internet è più filosofia che dati.
Il centro, però, è sempre l’uomo. Che ha amplificato rendendole potenzialmente infinite le relazioni e creando le condizioni per progetti e idee che altrimenti non sarebbero mai neanche possibile pensare.
È evoluzione? Io credo di sì. Ripartire dalle persone, dai territori, dalla consapevolezza della propria storia cercando un proprio modello di sviluppo senza rincorrere modelli economici adattati da realtà senza futuro, ripartire dalla pazienza di capire che la nostra storia, la nostra cultura sono la pietra su cui fondare un nuovo rinascimento digitale.
Dove il bello non è misurabile in fatturato, like, turisti o biglietti.
È misurabile in crescita sociale, in partecipazione alla vita comune e alla condivisione dei saperi. Sostenibilità di modelli che non possono stravolgere millenni di sapere ma devono solo trovare una nuova chiave di lettura.
Essere cittadini oggi è essere attori attivi del processo sociale e promotori convinti di un cambiamento epocale. Con la cultura non si mangia, ci siamo sentiti dire per anni. Ma se la nostra nazione è stata ed è ancora la culla della cultura forse questa è la dieta migliore, la vera dieta mediterranea.
Il mondo ha perso la bussola, rincorrendo profitti e colonizzazioni, cavalcando ignoranza e povertà, ragionando solo su uno scopo materiale.
Forse il nostro destino è dare un esempio al mondo, forse siamo l’Italia (con la nostra storia, con la nostra bellezza, con la nostra arte, con la nostra umanità) per indicare un nuovo cammino, per insegnare a coltivare la cultura come pianta preziosa e infinita.
Abbiamo in mano un aratro digitale.
Rispettiamo il terreno, rispettiamo il contadino.
E i frutti non potranno che essere migliori.