No, non metto avanti le mani. Parto subito dal fatto che io a Parole Ostili ho deciso di esserci dall’inizio perché credo che sia utile parlare e confrontarsi anche se più faticoso che aspettare per criticare.
Sono stati due giorni intensi, di rete umana e di tante suggestioni interessanti. Due giorni arrivati dopo un percorso di mesi di raccolta di idee approdati a una prima tappa chiamata Manifesto che proseguirà nella sensibilizzazione a queste tematiche.
Parto dalla fine, dalle polemiche. Alcune davvero oneste, di persone che sono venute, hanno visto, considerato, giudicato e hanno detto che forse la semplificazione e la due giorni troppo “evento” non siano granché utili e in alcuni casi possono essere anche pericolose. Altri che hanno giudicato l’evento dagli articoli dei giornali e i lanci tv o dal Manifesto percepito come un decalogo/legge pericolosa premessa per una imminente censura o disciplina istituzionale. Altri che non sono venuti perché non potevano incidere direttamente nel proporre le loro osservazioni. Altri che sono venuti perché al personal branding male non fa. Altri che non sono venuti perché quest’evento doveva essere sminuito per non togliere importanza e argomenti ad altri eventi.
Altri anche perché fanno polemiche di mestiere.
Ci sta tutto, onestamente, senza ironia.
Ma provo a spiegare cosa è stato per me.
L’idea, prima di tutto. Si è proposto un momento di riflessione e ricerca di una modalità meno ostile di vivere la rete. È evidente che l’odio non nasca “in rete” ma nasce dai contesti sociali in cui quotidianamente viviamo come è altrettanto evidente che tale odio abbia nei canali di comunicazione moderni una amplificazione enorme e immediata. Il momento di riflessione ha portato a una raccolta comune (e aperta a chiunque) di idee e principi che sono sfociati nella redazione di un manifesto. Cosa è questo manifesto? Delle intenzioni di buon utilizzo della rete. È banale e non servirà a nulla? Forse quanto le migliaia di parole che ogni giorno scriviamo per solidarizzare contro la violenza o nella denuncia contro la comunicazione markettara o politicizzata. Ma ci sta che ci sia anche questa percezione.
L’evento ha portato la Presidente della Camera Laura Boldrini e Gianni Morandi ad aderire al progetto. La Presidente più probabilmente per motivi politici: questi sono progetti di cui lei si sente in qualche maniera main sponsor e probabilmente lo ha fatto per ribadire la leadership. Gianni Morandi ci crede davvero e meriterebbe un discorso a parte. Lui è un esempio di stile pacato e sobrio ed è oggettivamente un testimonial perfetto anche per una fascia di età che fatica a capire i social network.
L’evento era forse poco utile? Non so, può essere. Rimane il fatto che si è alzato il volume (o forse si è equalizzato meglio il suono) su un problema che prima di questo non si era affrontato in maniera organica e con così grande attenzione da parte dei media tradizionali. Rimane il fatto che la Presidente Boldrini che prima di questo evento dichiarava la necessità di fare una legge contro fake news e cyberbullismo l’altro giorno ha dichiarato che le leggi non servono.
Ecco, leggere articoli di persone che a Parole Ostili non sono state presenti e che giudicano l’iniziativa dalle dichiarazioni riportate dalla stampa lo trovo abbastanza imbarazzante. Soprattutto da parte di chi solitamente fa dell’attenzione e verifica delle fonti un vanto professionale. Ma, onestamente, ci sta anche questo.
I panel che si sono susseguiti nella seconda giornata sono stati grandemente partecipati e discussi, con tante idee che hanno sindacato sulle 10 idee del Manifesto stesso.
Il 18 febbraio è stato il primo giorno della discussione, non il primo giorno dell’applicazione.
E così sarà da oggi in poi: chiunque potrà sindacare e provare a mettere del suo in un processo di ricerca collettiva di norme di buon senso per un utilizzo della rete più consapevole e rispettoso.
Non so se si potranno trovare soluzioni e se forse trovare soluzioni sia più dannoso che cercare che gli anticorpi la rete se li crei in autonomia.
Ma sappiamo tutti che questo non è un problema di rete ma di persone, che l’odio non è un problema di gruppi chiusi di facebook ma di ignoranti analogici con propaggini digitali.
Rimane il fatto che se oggi si discute questo è positivo, tanto.
E nel mio personale bagaglio di ricordi rimarranno soprattutto le persone con cui ho parlato tanto, persone che sono punti di riferimenti in rete e fuori.
Rimarrà l’emozione di aver partecipato insieme a Giovanni Arata a un panel con dei relatori intelligenti e acuti: Sergio Cagol, Mirko Lalli e Valentina Quattro per il turismo, Roberto Monzani, Davide Berti (contributo utile anche se purtroppo senza la sua presenza fisica) e Paolo Condò per lo sport. Ho appreso tanto ma ho capito di avere ancora tanto da imparare. Di aver scherzato con i giornalisti tv di Raiuno e Rainews e di essere passato sul TG1 vergognandomi come poche volte nella vita, di aver scambiato interessanti idee con Flavia Marzano, di aver rivisto i tanti amici conosciuti a BTO (Fabrizio Barbato, Marianna Marcucci, Viviana Neglia, Giovanna Tinunin, Annamaria Anelli), di aver ascoltato con grande ammirazione Rodolfo Baggio, di aver conosciuto quella grande e ruvida penna di Massimo Mantellini, di aver finalmente alzato un bicchiere di vino con Antonio Pavolini e famiglia, di aver scherzato con il comitato scientifico manco fossimo stati in gita delle medie, di aver canzonato Vera Gheno in maniera cacofonica, di aver finalmente conosciuto Anna Masera, di aver scherzato con Daniele Chieffi, di aver incrociato Francesco Nicodemo, di aver trovato ancora ispirazione da Giovanni Boccia Artieri, di aver scoperto l’umanità di Emmanuele Curti e Giovanni Grandi, di aver rivisto con piacere Iddio e Claudio Gagliardini, di essere diventato rosso come un peperone quando Gianni Morandi di fronte a tutti ha detto che “Insopportabile? Certo che lo conosco? Ajò!”. E di avere incontrato altre decine di persone che adesso non ricordo ma che sono certo mi perdoneranno 🙂
Ricorderò soprattutto come una idea nata dalla mente di una persona ne abbia aggregato centinaia di altre e abbia travalicato i confini spesso autoreferenziali della comunità della rete italiana. Solo per questo un immenso grazie, Rosy Russo.
Ma la cosa che ricorderò con più affetto sarà quel momento in cui con i ragazzi volontari ho scambiato le impressioni sull’evento e ho realizzato che vorrei che fossero loro a dirci cosa vogliono sia la rete magari con un evento organizzato completamente da loro.
Mi porto a casa tante idee ma soprattutto la voglia rinnovata di ascoltare, tentare di capire, non sentenziare, cercare di essere esempio positivo.
Parole O_Stili non è finito, è appena iniziato.
Sediamoci intorno, parliamone, proviamoci: magari con un buon mirto. 🙂