Oggi l’Italia si è svegliata dopo un terremoto elettorale che se possibile ha reso ancora più instabile la politica della nostra nazione. A risultati non ancora definitivi risulta evidente che gli italiani abbiano deciso di dare fiducia a M5S (primo partito) e Centro destra (prima coalizione) mentre l’hanno tolta al PD che ha governato negli ultimi tre governi.
La vittoria di movimenti di rottura e di posizioni estreme racconta perfettamente la sostanziale insofferenza degli elettori nei confronti di una politica che non va incontro alle proprie aspettative. Il centrosinistra al governo che ha portato una strategia mediata e pragmatica non ha saputo trasferire risultati e valori in un momento in cui la comunicazione istituzionale è stata forse al massimo livello delle storia repubblicana. Puntuali arrivano le richieste di teste da tagliare, di direzioni da rifondare ma il punto è un altro: questo tipo di politica non piace agli elettori. In un mondo frenetico e complicato gli elettori vogliono una politica semplice, basica direi, dove ogni necessità deve avere risposte immediate e possibilmente definitive.
Sono elettori impazienti che se non trovano il prodotto che cercano cambiano negozio senza tanti problemi o rimorsi.
La straordinaria affermazione del Movimento 5 Stelle incontra questa necessità raccogliendo il consenso di chi non crede più in una politica di partiti, di carriere politiche, di privilegi più o meno reali. Sminuire il Movimento definendoli populisti da perfettamente il senso di quanto non si capisca il punto di non ritorno a cui è giunta la politica italiana: non si accetta più una politica invischiata in macchinose alchimie anacronistiche per perpetuare persone e ruoli per decenni. Non si accettano più il politico di carriera, le nomine per convenienza, il compromesso fine a governare sempre e comunque. Non rendersi conto che l’elettorato è cambiato e sminuire sempre la loro azione come populismo ignorante è da spocchiosi. La Repubblica Italiana si è fondata su un elettorato con un livello educativo scarsissimo ma questi erano convinti nei valori che stavano portando avanti. Si è perso questo, forse. Svilire continuamente i valori democratici con una politica di opportunismi e di potere, lenta e macchinosa, non sincronizzata con le necessità di una nazione, impermeabile alle critiche e chiusa nel suo mondo visto come esclusivo è stato il grande errore di questi ultimi vent’anni.
Di chi è la colpa, degli elettori che hanno scelto di provare a cambiare o forse lo è di più di chi non ha capito o voluto capire questo cambiamento cercando di imporre un modello che in questo momento non è accettato?
La incredibile affermazione del centrodestra e soprattutto della Lega va incontro a queste stesse dinamiche: la voglia di cambiare intercettando l’insoddisfazione verso una politica che non rappresenta più e non risolve i problemi percepiti come più pressanti.
Sminuire il voto come il voto di analfabeti funzionali carica eventualmente ancora di più colpa chi ha fatto in modo che questo accadesse con politiche di istruzione e culturali evidentemente poco efficaci.
Queste elezioni sostanzialmente non vedranno una maggioranza stabile e porteranno con ogni probabilità a nuove elezioni molto presto ma sono state elezioni importanti per un fatto: l’elettorato è cambiato e ha vinto chi ha intercettato questa necessità.
Discorso simile anche per la Sardegna (dove la Regione e i più importanti comuni sono governati dal centrosinistra e dove l’anno prossimo si vota per per regionali) dove c’è stato un plebiscito per il Movimento 5 Stelle. Un voto che ha mostrato quanto la voglia di cambiare sia imponente e che sicuramente non lascerà indenne la discussione politica regionale.
Passeremo giorni da resa dei conti, da interviste al veleno, da dichiarazioni di trionfo e dimissioni meste ma rimarrà l senso profondo di questo voto: la colpa di chi non capisce che la politica è governare la cosa pubblica per i cittadini e che se i cittadini non trovano risposte provano a cambiare.
Rimane in sottofondo una nazione lacerata da egoismi e polemiche, una nazione in perenne discussione da talk show, dove più si parla e meno si capisce, dove è difficile esprimere una opinione senza essere aggrediti e insultati. Passeranno anni prima di riportare il confronto democratico a un civile scambio di idee e non a tifo da Ultras. Ma sono certo che sapremo ritrovare la strada per un confronto civile sulle idee e sulla visione di nazione. Siamo una nazione forte e democratica, riusciamo sempre a sorprenderci.
In bocca al lupo al Movimento 5 Stelle, al Centro destra e al Centrosinistra. Adesso arriva il momento più difficile: per chi governa governare per tutti, per chi farà opposizione farlo con passione e efficacia.
Ricordando che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, non sul livore.