Una giornata di primavera, calda finalmente. Quella stagione dove era bello andare a fare una scampagnata, sistemare le aiuole e i vasi, passeggiare per le città tiepide, incontrare le persone, godere dei profumi e dei paesaggi ancora verdi, profumati, fioriti.
Invece appena la temperatura sale un po’, mesi prima di quella estate tanto agognata, tutti al mare, subito, perché vogliamo l’abbronzatura, le foto con i piedi nell’acqua, il poter dire di aver fatto il primo bagno prima di tutti.
Solo un esempio tra i tanti comportamenti ormai diventati comuni di come stiamo diventando sempre più insofferenti all’attesa, bombardati da frammenti di vite e di sensazioni da emulare, convinti forse che ci stiamo per perdere qualcosa di indimenticabile.
E allora, voraci, consumiamo esperienze come fossero cibo spazzatura, ingordi senza fame solo perché condizionati e convinti che ogni pasto sia da provare, sempre più spesso, sempre più come fosse l’ultimo, sempre più senza neanche gustarlo ma solo per archiviarlo nella nostra vita social-sovraesposta.
Stiamo perdendo il gusto della perdita di tempo, dell’inframezzare inutili pause alle esperienze per renderle davvero uniche e scolpite nella memoria prima che in un profilo social.
Perché il rischio è di vivere i momenti pensando già a come vivremo i successivi in una corsa senza senso.
Il rischio è di vivere sulle sensazioni, alla ricerca continua di stimoli da vivere, postare, accantonare, una vita quasi più infantile che matura, spinti in avanti senza avere il tempo per pensare, senza il tempo per sedimentare e crescere.
Eterni adolescenti affascinati dal vivere in un mondo connesso da milioni di esseri umani che vivono per non essere dimenticati, per differenziarsi e lasciare impronte social del loro passaggio su questa terra. Il rischio concreto è che la vita venga vissuta da redattori di un piano editoriale personale dove le scelte di vissuto vengono condizionate dai contenuti da creare per essere indimenticabili protagonisti della propria comunità.
Forse è il momento di provare a riappropriarsi anche delle pause, del silenzio, della tranquilla inutilità del momento senza i sensi di colpa di chi non stia facendo abbastanza per vivere con completezza la propria vita.
Forse di provare a rallentare la vita per renderla più profonda e ragionata, senza la fretta del rincorrere sensazioni che ci fanno diventare sempre meno umani razionali e più invece semplici animali.