Una domanda alla quale negli ultimi tempi è sempre più difficile che si trovi una risposta.
Viviamo un momento storico di forti contrapposizioni, di una politica sempre più autoreferenziale e divisiva, di politici che vendono idee come fossero frutti di mare in un mercato del pesce, di idee confuse e indistinguibili, di coerenza secondo convenienza, di visione a corto raggio, di distinguo e smentite pratica lavorativa quotidiana.
La finta polarizzazione della politica post proporzionale ha prodotto aggregazioni di persone con sigle che dovrebbero identificare percorsi e idee politiche ben precise. Invece le sovrapposizioni nei programmi liquidi se non gassosi delle compagini porta a una confusione continua e senza punti di riferimento politici certi.
Di fatto è difficile distinguere le strategie politiche alluvionate dalle sparate da extreme storytelling che non aiutano di certo a far capire ma anzi a portare il dibattito sempre più su slogan creati per la ricerca del consenso.
Trovare una idea di futuro nel caos di parole, un barlume di strategia economica nel buio degli abissi di populismo, una scintilla di parole senzienti nell’asfittica dialettica su cultura e istruzione è impresa praticamente impossibile.
In tutto questo i cittadini con scarsa capacità di analisi ondeggiano tra il seguire gli slogan e seguire le persone sulla base di un cambiamento sperato che quasi sicuramente non avverrà.
Quelli invece con capacità di analisi vivono la frustrazione di intuire che qualunque voto esprimeranno sarà comunque un voto di compromesso.
La sensazione è quella che gli elettori siano funzionali solo ad avallare una scelta preconfezionata e non una vera scelta di visione politica.
Difficile vedere una soluzione in un contesto di egoismi mascherati da bene comune e da interessi di potere politico svestito da qualunque appartenenza politica.
Vedo solo la volontà di governare per imporre un modello quasi sempre poco definito, di arrivare agli incarichi per poi pensare alle persone e alle azioni da seguire.
Vedo voglia di vincere senza pensare al pubblico pagante ma solo agli interessi dello sponsor.
E quindi mi si ripresenta la domanda: votare, perché?
Cercare un motivo, perché onestamente diventa difficile trovare un senso in questo torneo di scommesse politiche a squadre.
Perché andare a votare tra due mesi per una politica che ragiona come fossero al campetto dell’oratorio non è sicuramente ciò che ritengo degno di una nazione matura, democratica e civile.
Vorrei una politica adulta perché forse sarebbe ora di crescere.