La lingua sarda è un qualcosa che negli ultimi trent’anni abbiamo abbandonato in maniera quantomeno stupida. Parlare in sardo negli anni 80-90 e fino ai giorni nostri era visto come parlare una lingua “da ignoranti” o peggio “da poveri”.
Ancora oggi si fa fatica (al di là delle differenze e conseguenti litigiosità su quale fra le varianti di sardo parlare) a leggere e parlare in lingua sarda.
Curioso che in un momento in cui l’orgoglio per la cultura, le tradizioni e la storia della Sardegna ciò che ci permetterebbe di rappresentarla e renderla materia viva e unica viene di fatto accantonata come inutile orpello.
Io ho sempre amato la musicalità del sardo, il modo rude e schietto di sintetizzare concetti in maniera molto più naturale che in italiano. Sarà l’amore che avevo per i miei nonni, per i 3 mesi estivi passati dalla nascita fino ai 18 anni nella città estiva del Poetto dove la lingua era soprattutto quella, sarà anche l’aver lavorato fin dai 19 anni in cantiere dove il sardo era l’unica lingua.
Per anni però man mano che andavo avanti con gli studi e entravo in altri contesti lavorativi il sardo è sempre stato sempre più accantonato e relegato a pochi momenti conviviali con amici e colleghi. Piano piano in secondo piano, sempre più in modalità aereo pronta però ad emergere quando meno ce lo si aspetta.
Come la settimana scorsa quando santamoglie mi ha pestato inavvertitamente un piede: ho esclamato il mio dolore con una espressione (non riproducibile per decenza) in cagliaritano stretto che non pronunciavo da almeno venti anni. Ecco, ho pensato molto a questo, ragionando sul fatto che la lingua è lì sotto, sopita e anestetizzata da sovrastrutture sociali e linguistiche successive ma quando lo stimolo arriva diretto e scavalca tutto allora emerge in tutta la sua potenza e naturalezza. Sorprendente davvero.
Per tutto questo apprezzo molto avere la possibilità di leggere post di attualità (come questo su Sardinia Post) su una testata di news online e dalla penna/tastiera di un’amica come Manu Ennas che apprezzo tantissimo per la sua ostinata e coraggiosa missione di divulgare e insegnare il sardo (sua la meravigliosa versione in lingua sarda del Manifesto della Comunicazione non Ostile di ParoleOstili).
Quindi leggiamo e se possibile impariamo a parlare, anche.
Perché solo così la rappresentazione della nostra storia e della nostra comunità continuerà a essere viva e raccontata nella maniera più naturale, quella delle nostre origini e del nostro cuore.