Riemergere dall’ennesima tragedia dovuta al maltempo e provare a capire come poterle evitare in futuro è ormai diventata una triste abitudine.
È infatti ormai abbastanza normale assistere a eventi eccezionali che sicuramente dipendono da una serie di fattori come il cambiamento del clima, il consumo sfacciato di risorse ambientali, in comportamenti suicidi e in una pianificazione del futuro miope e limitata.
Siamo a un punto di rottura del giocattolo mondo, con il quale ci siamo trastullati pensando non si rompesse mai.
Ci ritroviamo oggi con un giocattolo pericoloso, pieno di spuntoni che feriscono e talvolta uccidono. È sempre stato pericoloso ma oggi siamo noi con i nostri calci e maltrattamenti a trovarci in pericolo.
Quanto sentiamo parlare in ogni dove di sostenibilità ambientale, di comportamenti responsabili, di necessità di cambiare un modello. Ottimi argomenti per riempire le pagine politiche e le annoiate discussioni da talk show. La verità è che nessuno però, in concreto, vuole provare a sacrificare una parte della comodità della propria esistenza per permettere all’umanità che verrà di avere un futuro.
Sostenibilità è concetto articolato e complesso che non si limita solo all’ambiente ma anche a quanto ad esempio le tecnologie stanno condizionando gli esseri umani nel portarli a comportamenti poco sostenibili o a quanto non li mettano in condizione di capire cosa sia davvero vero o falso o ancora quanto la tecnologia invisibile incida nel rendere insostenibile la nostra vita più di quella luccicante da social network.
La recente pandemia ci sta facendo ragionare su quanto sia fragile il modello capitalistico e consumistico (e aggiungerei anche edonistico digitale) tanto da farne crollare ampie fette in pochi mesi.
Ci ha fatto constatare di quanto siamo fragili noi, come comunità, come esseri umani, come aggregati sociali, come nazioni, come comunità allargate su interessi condivisi.
Siamo di fronte quindi a una scelta epocale, quella di cambiare modello di vita per dare un futuro all’umanità, per dare un futuro al nostro pianeta.
E non è solo questione ambientale (con dolore lo dico dopo questo ennesimo ciclone che ha creato i danni più gravi nei luoghi dove non si è considerato a sufficienza l’impatto della natura sull’edificato moderno) ma soprattutto questione umana.
Sono i comportamenti e quanto siamo convinti di questi l’unica chiave per il nostro futuro.
I comportamenti che non tollerino più politici mediocri che giocano alla roulette russa con la nostra testa, imprese e sistemi economici che non possono più solo consumare senza rendere valore aggiunto, persone che devono ragionare sul noi e non sempre e solo sull’Io.
Siamo alla cassa di questo ciclo e non abbiamo il denaro per pagare il conto.
L’unica è andare in cucina a lavare i piatti per pagare il nostro debito dopo le abbuffate degli ultimi secoli.
Oggi, non domani.
Sono passati sette anni dal ciclone Cleopatra e #AllertameteoSAR e poco, pochissimo è cambiato. Contiamo danni, contiamo morti, contiamo polemiche, cerchiamo colpevoli, soluzioni magiche e danaro.
Poco, pochissimo è cambiato perché poco, pochissimo siamo cambiati noi.
Immaginare un altro mondo è possibile, usando lo straordinario potenziale delle nuove tecnologie per progettarlo, realizzarlo, esprimerlo e viverlo, anche.
Valorizzare quello che ci distingue come esseri umani, il desiderio di conoscere, non quello di collezionare oggetti, influenza, potere, danaro o peggio ancora esperienze.
Oggi, non domani. Perché ogni giorno potrebbe essere l’ultimo.