Ultimamente assistiamo al continuo fiorire di attenzione per i turismi lenti, di nicchia, di cammini e a basso impatto numerico. Convegni, progettazioni, letteratura e articoli, libri e soprattutto tanti finanziamenti.
Sembra impossibile pensare a progettare o ottimizzare un turismo diverso, magari fondato sul volgarissimo marino balneare che (signora mia!) tanti danni sta facendo al territorio e alle comunità.
La tendenza per questi turismi di nicchia esisteva da tempo ma era per lo più legata a una disciplina più attenta dei flussi per la ricerca (tendenzialmente ) di una maggiore redditività con minor impatto.
La pandemia ha cambiato ancora questi riferimenti sensibilizzando ancora di più le persone a una fruizione delle esperienze più consapevole e rispettosa.
In questo contesto il turismo ha quindi avuto ulteriore spinta nel proporre modelli che forse di turismo hanno molto poco ma diventano più parte della necessità di una nuova e soprattutto diversa esperienza di vita quotidiana.
E mi chiedo quanto questa oggettiva tendenza di cambio di paradigma sia tale da condizionare i flussi futuri o invece sia la solita romantica idea di una élite che con atteggiamento educativo vuole cambiare il turismo popolare.
Il turismo da sempre ha motivazioni diverse ma la più importante rimane quella di evadere dalla quotidianità per ampliare i propri orizzonti sociali, culturali e personali con una forte componente di svago.
Pensare i turisti come invece dei cittadini scolari che vanno educati al bello, al sostenibile, al profondo è più educazione civica che turismo: non è sbagliato ma forse cambia le regole e il mondo non è ancora pronto.
Perché sono decenni che si vuole puntare a un “turismo di qualità” finora con scarso successo e soprattutto con scarsissimi numeri a fronte di finanziamenti cospicui.
Forse è urgente una riflessione profonda su quanto ormai il turismo sia parte integrante e necessità frequente se non quotidiana degli esseri umani, in un mondo frammentato ma collegato che amplia la curiosità e le opportunità di conoscenza e relazioni.
Continuare a immaginarlo e soprattutto pianificarlo come fosse invece un universo parallelo che porta a esperienze ascetiche e esclusive quasi fosse un percorso religioso lo trovo concettualmente sbagliato.
Il turismo cambia per cambiare il turista più che per andargli incontro nelle sue esigenze.
Forse dobbiamo capire se ha senso farlo così senza affrontare il problema anche dal punto vista urbanistico, sociale e strategico.