Gentile Ministro, le scrive uno che sembra un fumetto blu ma è solo un essere umano che purtroppo per lui anziché lavorare per ciò che ha studiato ha deciso di complicarsi la vita e lavorare nel mondo del turismo.
Le scrivo oggi dopo la sua nomina a Ministro per augurarle buon lavoro e per raccontarle due cose che magari, se ha tempo e voglia, potranno darle qualche informazione senza la presunzione di farle diventare dei suggerimenti.
Prima che affronti le tradizionali polemiche quotidiane con l’avversario politico di turno le voglio fornire qualche informazione sul misterioso comparto del turismo, comparto che sicuramente sarà parte importante del suo programma (spero senza il “Il turismo sostenibile per rivitalizzare le zone interne” o “Il turismo alto-spendente come volano“).
Sono anni che si discute sul turismo, tra un ministero ricorsivamente accorpato e scorporato dalla cultura, tra un titolo V della costituzione e la metafora energetica più adatta a rappresentarlo.
Purtroppo scriviamo e leggiamo migliaia di articoli, post, discussioni, convegni, polemiche e l’unico risultato è che il turismo rimane ottimo argomento di conversazione ma non attività economica degna di rispetto.
Perché di questo si tratta, nonostante le continue banalizzazioni: un’attività economicamente e socialmente trasversale che impatta in maniera importante sulla vita dei cittadini italiani e sulla vita e sui sogni dei cittadini temporanei.
Perché vede, caro Ministro, che assistere ogni giorno alle trionfali notizie di un’estate italiana presa d’assalto dai turisti dopo la tragica parentesi della pandemia, di suoi ex colleghi ministri che tracciano fantasmagoriche rotte di turismi salvaitalia, di imprenditori che misurano il turismo in metri cubi di cemento e di danaro (che poi è lo stesso, ) sia quantomeno spiazzante e possa creare qualche confusione.
Ma se mi permette e ha la pazienza di seguirmi nel ragionamento per qualche minuto prima che qualche polemica su twitter la distragga le posso chiarire qualche punto.
Partiamo dal fatto che siamo il bel paese, una delle mete più ambite, in cima ai desideri di tanti e la destinazione turistica più iconica che forse ci sia al mondo.
E anche che viviamo ogni estate (o nelle città d’arte quasi sempre) assediati dai turisti nonostante i prezzi, i servizi, l’organizzazione e l’innovazione appena accettabili, nella stragrande maggioranza dei casi.
Il turismo, gentile Ministro, anzi i turismi (che sono tanti e andrebbero affrontati in maniera distinta) sono gestiti in maniera slegata, più per l’attitudine di eccellere nelle singolarità e individualità (ed occasionalmente e estemporaneamente collaborare) che per una reale strategia economica e anche sociale.
Per agevolarla nell’appuntarsi qualche idea ho pensato di suggerirle alcuni punti che (garantisco!) le faranno fare una bella figura in tv, in radio, sui social e anche di persona quando incontrerà gli addetti del settore.
Prima cosa da fare: avere una visione, definire una strategia, programmare azioni.
Lo so, sembra una cosa inutile ma è come dover organizzare una cena per degli amici e andare a fare la spesa senza avere idea di cosa preparare, senza lista della spesa e senza portafogli.
Parta subito con il piede giusto e organizzi gli Stati Generali del Turismo dove insieme a tutti gli attori del comparto scriverete insieme (in un processo partecipato reale e non facendo votare ciò che i suoi consulenti avranno scelto) il Piano Strategico del Turismo con un orizzonte temporale di 5-10-25 anni con la promessa di revisionarlo e aggiornarlo ogni anno.
Facendo così avrà un manuale scritto collettivamente che le servirà per gestire al meglio il turismo.
Mi permetto anche di darle qualche consiglio su cosa metterci dentro questo Piano Strategico del Turismo (PST, gli acronimi vanno sempre forte).
Partiamo dall’Urbanistica: il turista si muove per diverse motivazioni (da qui la necessità di individuare i turismi) e ogni motivazione li muove in determinati luoghi che entrando in contatto con il turista subiscono dei cambiamenti (non sempre negativi!).
Il turista condiziona i luoghi, le abitudini, le economie, la socialità, la crescita o decrescita, lo sviluppo: ogni giorno ci sono decine di casi che però vengono sempre inquadrati dal punto di vista del turismo “cattivo” (overtourism a Venezia e Firenze, ad esempio) e non invece di una cattiva pianificazione urbanistica.
Pianificare una città (o un borgo, che erano tanto amati dal suo predecessore mai tanto amato) richiede la valutazione e il rispetto di tutta una serie di parametri che ragionano sul carico urbanistico delle varie attività pianificandole attentamente, compresi i servizi, le aree verdi, le aree di sviluppo volumetrico e così via.
Ecco, è curioso che il carico urbanistico venga pianificato per i cittadini residenti e non per i cittadini temporanei che apportano carichi spesso maggiori, ingestibili e anche poco sostenibili.
La sostenibilità è anche questo, non solo non permettere di costruire la villa in spiaggia o la strada asfaltata fino al mare e sono soprattutto quelle questioni poco visibili ad avere l’impatto più devastante.
Sostenibilità è gestire i flussi, evitare che i centri urbani diventino alveari di turisti togliendo i residenti e ghettizzandoli in periferia (i turisti arrivano per vivere come un locale ma non per sostituirli!), evitare il sovraccarico dei servizi (elettricità, fogne, acqua, rifiuti) dimensionati per residenti, evitare di creare dei vuoti sociali privando di senso i centri (e di senso anche ciò che li rende vivi, come le scuole e gli impianti sportivi, ad esempio).
Progettare una destinazione turistica deve contemplare l’aspetto urbanistico che va inserito nella pianificazione ordinaria aggiungendo alla mera pianificazione delle zone turistiche (solitamente un deprimente conteggio di metri cubi) la complessità di flussi turistici di turisti che devono essere disciplinati se non addirittura scelti per rispettare quella pianificazione immaginata e normata.
Spero di non averla spaventata troppo, caro Ministro, perché ora ne ho altre due molto belle.
La prima è la sostenibilità digitale: se oggi utilizziamo gli strumenti digitali per ispirarci, acquistare, raccontare le nostre esperienze avrà visto quanto questi sono spesso il motivo del condizionamento e della deriva di certi comportamenti.
Spesso chi decide di vivere una esperienza si fa condizionare dal passaparola digitale e sceglie attivando transumanze digitali per incipit social, per non parlare del condizionamento delle grandi piattaforme (non solo Booking, eh) che grazie ai nostri generosi dati ci allevano come polli in batteria per venderci al migliore inserzionista.
Ecco, conoscere e gestire queste tecnologie e le implicazioni che portano è vitale per rendere efficienti le scelte strategiche e non farsi travolgere. Come?
Partendo dalla conoscenza dei dati che ci fanno prendere le decisioni più accurate e consapevoli, intercettando le tendenze, calibrando le imperfezioni, modificando le strategie.
Un altro incredibile valore dei dati, caro Ministro, è che misurano le azioni e verificano, ad esempio, quanto un investimento in promozione o in un evento abbiano avuto ricadute (e non solo in termini economici).
Certo, c’è il rischio che la gran parte delle azioni che oggi vengono promesse e finanziate (da politici come lei, quindi occhio!) si rivelino operazioni perfettamente inutili dal punto di vista turistico, quindi attenzione!
Bene, abbiamo visto varie cosette interessanti ma adesso arriva quella più complicata, quindi le chiedo un ultimo sforzo: bisogna creare un prodotto organizzato, metterlo sul mercato, venderlo, gestirlo.
Qui entrano in gioco i territori e si capisce già quanto ogni via, attività, punto di interesse della nostra iconica nazione pensi che il mondo arrivi in Italia proprio ed esattamente per loro, credendo che non sia necessario presentarsi invece organizzati, efficienti, competitivi come nel resto del mondo, appunto.
Partendo quindi dai trasporti (di approccio alla nostra nazione che quelli locali), all’accoglienza spesso ferma agli 80, alla creazione di servizi connessi con reti di prodotto (pacchetti turistici, accordi, alternative per il turista).
Perché dimentichiamo che il turista in fondo è un animo semplice e vuole solo quattro cose: dormire, mangiare, cose da fare, muoversi.
Ma come si può fare in modo che questo accada?
È facile, siamo nel 2022, in un mondo globalizzato e collegato: sfruttando la tecnologia (con un occhio alla sostenibilità, chiaramente) per i nostri scopi.
Informazione georeferenziata e interoperabile per creare banche dati facilmente utilizzabili e riutilizzabili da chiunque lo voglia.
Piattaforme di relazione tra soggetti economici che permetta di conoscersi, creare relazioni economiche e poi insieme un prodotto di destinazione dinamico, adatto al turista ma soprattutto ai turismi.
Magari destagionalizzati (che ci sta sempre bene).
Analizzare i flussi e le tendenze dai dati dei potenziali turisti nel loro percorso fino alla vacanza e anche dopo, dalle conversazione, dai BIG DATA e dalle strutture per poter avere Dashboard in real time che permettano di scegliere e sfruttare le tendenze per rendere più efficiente e redditizia l’offerta.
Portare gli enti a dover spendere il danaro pubblico solo a fronte di un allineamento alle strategie nazionali (studiate per valorizzare la straordinaria diversità e unicità dei territori) in alternativa obbligare alla rendicontazione puntuale delle spese con particolare attenzione alle ricadute, così magari si fa più attenzione a finanziare la sagra del ravanello zoppo con finalità turistiche e non invece ricreative (e politiche) locali.
Per ultima ho lasciato la comunicazione: tutto questo processo (dal Piano Strategico del Turismo, alla Pianificazione Urbanistica Turistica, la sostenibilità, la creazione di un prodotto di destinazione e di una rete di prodotto, il posizionamento sul mercato, la commercializzazione, la gestione del processo informativo e comunicativo) hanno necessità di un approccio comunicativo razionale, impeccabile, professionale.
Lo so che spesso è più facile affidarsi a chi si conosce o ai consigli degli amici (chissà quanti ne sono spuntati oggi!) però si fidi, meglio partire da un altro approccio.
Primo che non tutto è marketing (quella glassa dorata che spesso con slogan accattivanti copre l’inconsistenza della azioni) ma è soprattutto collegare persone in una rete di relazioni (creare community, come dicono quelli ben pagati) e coltivarle con strumenti, linguaggi e stile dinamico e adeguato ai contesti, ai target ma soprattutto a ciò che abbiamo immaginato nella nostra visione.
Perché, caro Ministro, il turismo è semplice in fondo, se affrontato in maniera seria e pragmatica, con le persone adeguate e con la pazienza che ci vuole per le cose fatte bene.
Se però è affrontato banalizzandolo, sfruttandolo o peggio lasciandolo andare per le sue strade senza regole e senza strategie si comporta come un virus distruggendo le destinazioni modificandole irrimediabilmente.
Ecco, caro Ministro, le chiedo di pensarci quando utilizzerà la parola turismo nella sua quotidiana attività di governo, ragionando sul fatto che dietro quella parola c’è il futuro di una porzione importante della nazione che avrà l’onore di rappresentare, c’è il futuro di persone che vivono ogni giorno la frustrazione di un comparto visto come un hobby che tutti con buona volontà possono fare, c’è il futuro di turisti ai quali vendiamo sogni che spesso sono mediocri pisolini se non veri incubi.
Questo perché, gentile Ministro, il turismo merita rispetto tangibile perché è un comparto economico e sociale strategico e dal futuro davvero determinante per la vita delle persone.
Mi perdoni se mi sono dilungato, avrei voluto parlare anche delle scelte coraggiose come ad esempio tutelare e valorizzare il mare come fossero le Maldive con pesca solo ad amo e solo autorizzata, oppure la questione dei borghi, argomento un po’ snob a cuore da chi li immagina come presepi turistici dove passare un weekend e non invece come comunità che hanno qualcosa da esprimere dopo che sono riusciti a non morire per mancanza di servizi.
Avrei voluto anche parlare dei ridicoli fondi ordinari che vengono investiti nel comparto, nella formazione, nella innovazione e nella promo commercializzazione, nel mettere ordine e regole ai nuovi turismi come l’extralberghiero per renderli parte organizzata della destinazione.
Oppure anche della cultura come elemento di sviluppo al di fuori dello storytelling del ministro di turno (eh, lo so, negli ultimi anni turni lunghi) o della percezione che la cultura sia un comparto da trattare come una fonderia o una compagnia aerea (ogni riferimento ad Alitalia è puramente casuale).
Potrei continuare per ore a spulciare la complessità del problema, suggerirle anche soluzioni, immaginare un futuro diverso però io so, caro Ministro, che probabilmente la realtà sarà diversa e sentirò ancora i soliti ragionamenti perché in fondo del turismo serio, organizzato, faticoso non interessa a nessuno, realmente.
Interessa sapere che siamo la nazione più iconica del mondo, interessa credere di essere i migliori per questo, interessa non sconvolgere gli equilibri esistenti e contare i turisti come scontrini, fino a quando dalle nostre case in periferia saremo noi i turisti delle tante città diventate delle Disneyland, loro malgrado.
Caro Ministro, vorrei ora che solo per un minuto chiudesse gli occhi e ricordasse quando lei era una bimba e la portavano in viaggio, rammentasse quella gioia per un luogo nuovo o la noia di un viaggio scomodo e lungo, facesse riaffiorare la sensazione della scoperta di genti diverse o la delusione per la gelateria chiusa.
I ricordi dei viaggi da ragazza, di quelli da adulta o ancora quelli di lavoro.
Ricordi quanto di quello che lei è oggi dipenda da quanto e come ha viaggiato nel passato.
Ricordi che tutti noi siamo turismo. Anche lei, soprattutto oggi che ricopre un ruolo dal quale dipenderà il futuro e i sogni di milioni di persone.
Quelli che ci lavorano, quelli che viaggiano, quelli che oggi chiedono solo di avere un qualcosa che non hanno ancora purtroppo visto: il rispetto.
La ringrazio per la pazienza,
cordialmente,
@insopportabile
i turisti arrivano per vivere come un locale ma non per sostituirli!
Per esperienza diretta, credo che questa affermazione non sia vera (o più vera). Il turista “massa” ormai non ha più percezione dei luoghi se non come una serie di punti più o meno iconici.
Il contesto non lo interessa e in fondo è un distrubo rispetto al percorso che deve seguire. Solo una minoranza marginale ha intenzioni diverse.