Ragionavo anche negli anni passati sui fondi destinati al capodanno ma più in generale alle manifestazioni dedicate alle comunità e che rappresentano momenti di socializzazione, relazione, svago e cultura.
Quando vediamo le cifre destinate al capodanno spesso la prima reazione è quella benaltrista, “ma con tutte le cose importanti che ci sono da fare buttiamo del danaro pubblico così”, insomma.
Ma tutti gli eventi a parte qualche rarissimo caso di fondi privati sono cofinanziati se non finanziati dal pubblico. Dalle sagre, agli eventi sportivi, a quelli culturali e via dicendo.
Questo per colmare dei vuoti culturali e di socializzazione che la nostra società ha spinto portando la cultura ad essere tendenzialmente a pagamento e non un diritto e una necessità per accompagnare una nazione nel suo futuro consapevole.
Il grande successo delle manifestazioni e anche la sostanziale accettazione di questo modello è perché un concerto, una mostra, un qualunque evento se non hai la capacità finanziaria per acquistarlo o ne fruisci così altrimenti ne sei escluso. Stesso discorso per il successo delle manifestazioni culturali dove musei e monumenti aperti vengono presi d’assalto anche per la gratuità e perché così possono incontrare altre persone.
La mancanza di luoghi di relazione e la mancanza di gratuità per la cultura porta anche a questa distorsione.
C’è poi il discorso dell’evento creato per attirare turisti che ragiona sulla monetizzazione indiretta e rende automatica la percezione che tutti gli eventi hanno senso se creano reddito e non benessere, che sono due cose molto diverse.
Ecco, forse un esame di coscienza su cosa stiamo costruendo per il futuro me lo farei, soprattutto per quei giovani che da una parte sono criticati perché poco attenti alla cultura quando di fatto gli mettiamo delle barriere economiche di ingresso e di spazi che di fatto li escludono, a partire dal costo dell’istruzione obbligatoria (testi, formazione, gite e sport, per dire).
E prima di scandalizzarci per le cifre spese per l’ennesimo evento forse proverei a cambiare il modello rendendo cultura, sport e spettacolo più accessibili se non gratuiti almeno per le fasce più deboli.