Ed è un grosso, enorme problema.
Mi occupo di comunicazione digitale e marketing da decenni e il mio lavoro è capire, codificare e utilizzare per me, clienti e studenti le dinamiche e i modelli delle relazioni umane (e anche sintetiche) mediate da strumenti digitali.
Per questo oggi sono terrorizzato dalla deriva che il mondo sta prendendo, dalla sottovalutazione generale del problema della disinformazione e del condizionamento delle masse per vendergli soprattutto idee anti democratiche e pericolose.
Come siamo arrivati a questo?
Un sorriso alla volta, una cessione quotidiana ai nostri diritti, una costante attitudine al lasciar correre nelle discussioni, nell’accettare un male minore per non perdere le nostre rendite di posizione.
In questo (lentamente e con grande mestiere) si sono insinuate le nuove destre, quelle scaltre e moderne, con mezzi e risorse illimitati e strumenti raffinati che giorno dopo giorno ci hanno portato a non poterne più fare a meno.
La nostra vita è fatta di informazioni, relazioni e attività che non possono prescindere da smartphone, social, motori di ricerca, e-commerce. Ed è in questa ecosistema che giorno dopo giorno abbiamo smesso di essere attori consapevoli ma siamo diventati parte di una scientifica opera di disinformazione ai fini del condizionamento politico e sociale.
Anche da noi, nel nostro piccolo vediamo quanto sia difficile non tanto fare contro informazione in libertà ma essere creduti, non poter alzare la voce contro il potere e le notizie false ma non essere ridicolizzati prima e conseguentemente silenziati poi, in un gioco che badate bene non è un caso, non è rozza propaganda fascista ma scientifica opera strategica erede di quel Minculpop che ancora è il faro delle destre.
Vedere poi un miliardario invasato come Elon Musk inneggiare all’antica Roma, un Trump parlare della conquista economica del mondo, la protezione della patria, l’uso della violenza quando sarà necessario non fa altro che certificare la volontà di ispirarsi alla storia, quella terribile del fascismo e del nazismo che ha fatto del condizionamento delle masse per i propri fini di potere una scienza.
Essere preoccupati oggi è legittimo come lo è provare a cambiare l’inerzia prima che il mondo precipiti in mano a miliardari e potenti con deliri di onnipotenza.
Perché in fondo non sono deliri ma progetti di onnipotenza, esaltazioni di persone malate che pensano che il senso della vita sia accumulare danaro e giocare a Risiko sulla pelle dell’umanità.
Giusto e legittimo quindi combattere la disinformazione nello stesso terreno di chi l’ha promossa, una persona alla volta, un concetto alla volta, negli strumenti che lo permettono, per invertire la rotta e convincere le persone che i pifferai magici non migliorano la vita se non quella della loro casta.
Non è una questione di appartenenza politica ma di politica, quella nata per migliorare la vita delle persone aggregate in comunità, anche la grande e complicata comunità ormai in frantumi che è diventata il mondo.
Oggi la scelta è se continuare a farsi dettare i contenuti e gli stili, i modelli di comunicazione e gli strumenti da sovrastrutture economiche nate per rendere la comunicazione disciplinata ai fini della monetizzazione e del condizionamento.
La scelta se continuare a pensare che non sia un problema nostro quando siamo il problema e la soluzione, insieme.
La scelta se lasciare il mondo alla sua inerzia autodistruttiva o provare a fare qualcosa, ognuno per quello che può fare, anche solo comunicando con le nostre relazioni di prossimità in una militanza di buon senso.
La politica non è delegare ad altri il nostro futuro, è sceglierlo e trovare qualcuno che ci rappresenti e si impegni a realizzarlo per noi.
Ma siamo soprattutto noi, ogni giorno nella nostra quotidianità a migliorare il mondo, a fare politica.
Non facciamoci privare di questo diritto di libertà e di azione.
Non facciamoci colonizzare dai bruti al potere in cambio di strumenti gratis che gratis non sono.
Se il servizio è gratis allora il prodotto siamo noi, nello scaffale della umanità.
Proviamo a decidere noi se la nostra vita debba essere regalata per alimentare questo sistema malato.
Perché in palio non c’è un post virale, una citazione o un like ma il futuro della nostra vita.